La diga del proibizionismo sta crollando anche in Europa

Nell’ultimo periodo si moltiplicano i governi che in Europa annunciano e implementano legalizzazioni e depenalizzazioni dell’autoproduzione di cannabis facendo immaginare un futuro in cui la pianta, anche dal punto di vista ricreativo, sarà finalmente libera.

(di Dolce Vita Magazine)

In Europa il baluardo del proibizionismo occidentale che abbiamo imparato a conoscere bene sta iniziando a scricchiolare sotto i piedi di chi l’ha sostenuto fino ad oggi. 

Nell’ultimo periodo si moltiplicano gli annunci di governi che intendono cambiare le regole sul mercato della cannabis iniziando a considerare la questione nei termini corretti, e quindi il modo concreto per spezzare il traffico illecito gestito da mafia e criminalità, e considerarla una faccenda di salute pubblica e diritti umani, invece che un modo per criminalizzare i consumatori. 

LA LEGALIZZAZIONE VISTA DA BERLINO

Il punto di non ritorno, come avevamo immaginato, è stato l’annuncio della Germania di voler procedere con la legalizzazione della cannabis. I partiti che formano il nuovo governo, la cosiddetta coalizione semaforo perché sono presenti i Socialdemocratici (SPD), i Verdi e il Partito Liberale Democratico (FDP), hanno messo nero su bianco di aver trovato un accordo per procedere in questa direzione, con una «distribuzione controllata di cannabis per gli adulti a scopo di consumo in negozi autorizzati» per «controllare la qualità, impedire il passaggio di sostanze contaminate e garantire la protezione dei minori». 

Gli argomenti per la legalizzazione sono in gran parte gli stessi per la SPD, i Verdi e la FDP e hanno a che fare solo indirettamente con il risvolto economico che la legalizzazione potrebbe portare: la vendita controllata prosciugherebbe il mercato nero, e questo permetterebbe anche una migliore protezione dei giovani. In ultimo, ma non meno importante, è sbagliato criminalizzare milioni di consumatori di cannabis.

La notizia non sorprende chi segue il dibattito a livello europeo. In Germania infatti è da almeno due anni che si parla di legalizzazione in modo concreto. Era l’ottobre del 2019 quando Daniela Ludwig, politico a capo della Commissione per le politiche sulla droga appartenente alla CDU, il partito di Angela Merkel al governo dal 2005, disse che, «è tempo di avere una politica sulle droghe non ideologica» e soprattutto che il partito Cristiano Democratico da tempo «riflette sull’opportunità della legalizzazione della cannabis e sta esaminando varie proposte di legge per la sua somministrazione controllata».

LE REAZIONI IN ITALIA

«La Germania è l’ennesimo Paese che va verso la legalizzazione della cannabis, ormai una normalità negli Stati democratici e civili. Se l’Italia non si muove, sarà destinata a prendere lezione dagli altri. Riprenderemo nelle prossime settimane l’iter di questo provvedimento, un contributo che va nella direzione dello svecchiamento delle nostre norme», ha scritto Mario Pierantoni, deputato del M5S e presidente della Commissione giustizia dove è stata proposta la legge per l’autoproduzione di cannabis.

Il Comitato promotore del referendum sulla cannabis invita invece il governo italiano a guardare all’esperienza tedesca e ad «adottare una posizione neutrale relativamente al referendum quando questo sarà davanti in Camera di consiglio l’anno prossimo» si legge in una nota di Marco Perduca, Antonella Soldo, Riccardo Magi e Leonardo Fiorentini del Comitato. «Alla vigilia della VI Conferenza Nazionale sulle Droghe, dove sappiamo non si parlerà del referendum, il Governo almeno si dichiari neutrale per consentire la tenuta del voto per legalizzare la cannabis l’estate prossima», conclude il Comitato.

Non solo, perché la conferenza nazionale sulle dipendenze che si è tenuta a fine novembre scorso a Genova dopo 12 anni in cui non veniva convocata, è stata l’occasione per rilanciare il dibattito a livello nazionale. «La scelta del nuovo governo tedesco è una scelta che l’Italia dovrebbe valutare, ma bisogna riuscire a raggiungere la maggioranza al Parlamento. È questo il punto delicato», ha sottolineato la ministra Fabiana Dadone. 

E anche dal Partito Democratico, i cui vertici non si sono mai espressi apertamente sul tema, si apre alla possibilità: «Nel momento in cui una parte non proprio irrilevante e un alleato non proprio trascurabile dell’Italia, come la Germania, sembra cambiare profondamente linea su questo fronte, credo che sia inevitabile che una qualche riflessione la si faccia anche nel nostro Paese», ha dichiarato il ministro Andrea Orlando sottolineando che: «quella scelta determinerà dei riflessi che riguarderanno il nostro Paese, lo si voglia o meno, nell’ambito di un mercato unico con le frontiere aperte».

Parole che hanno aperto una spaccatura nella maggioranza, viste le reazioni della destra. «È molto preoccupante che un ministro della Repubblica, anziché ascoltare le tante comunità di recupero che eroicamente salvano migliaia di ragazzi e combattono le dipendenze tutti i giorni, parli con leggerezza di droga. Il ministro si occupi dei lavoratori», è stata la risposta di Matteo Salvini al pensiero di Orlando.

E qui bisogna sottolineare una cosa importante, che forse a Salvini è sfuggita. Parlare di cannabis, significa proprio parlare di lavoro, visto che in Usa la cannabis legale è il settore che sta creando più posti di lavoro in assoluto (oltre 321mila a tempo pieno, secondo i dati di inizio anno) ed è il settore che sta assumendo anche gli altri lavoratori che restano disoccupati. Secondo gli analisti americani il settore della cannabis legale sta prendendo il posto di quello della manifattura nel diventare il volano per la creazione di posti di lavoro per la classe media.

COSA SUCCEDE NEL RESTO D’EUROPA

Malta, il più piccolo paese dell’Unione europea, potrebbe essere il primo a rendere legale l’autoproduzione di cannabisL’avevamo scritto ad aprile del 2020 e ora il traguardo si avvicina. Mentre il Lussemburgo, che dopo aver annunciato una legge per rendere legale l’autoproduzione sta ridefinendo la bozza, sull’isola hanno fatto grandi passi in avanti e ora manca solo l’approvazione finale in Parlamento.

In Francia l’ex presidente Francois Hollande ha di recente aperto alla legalizzazione inquadrandola come una questione di salute pubblica nell’ottica di spezzare il traffico illecito. E intanto anche Barbara Pompili, ministra francese per la transizione ecologica, ha sottolineato che la legalizzazione è un argomento «che non possiamo più mettere sotto il tappeto. Ora abbiamo una legislazione molto restrittiva sulla cannabis. Ciò non ci impedisce di essere il paese campione per il consumo di cannabis tra i giovani», ha aggiunto. Ecco perché la legalizzazione della cannabis è «una delle opzioni sul tavolo».

E poi c’è la Svizzera, fuori dall’Unione europea ma nel cuore dell’Europa, che dal 2022 inizia la propria legalizzazione sperimentale in diverse città. 

Se così fosse in Europa avremmo la definitiva spinta verso la legalizzazione, per un mercato europeo che si prevede varrà 3,2 miliardi di euro (3,7 miliardi di dollari) entro il 2025, rispetto ai 403 milioni di euro alla fine di quest’anno, secondo l’European Cannabis Report di Prohibition Partners.

 

by

Dolce Vita Magazine

 

Nessun commento

Lascia un Commento

×