Cassazione: “Coltivare cannabis in casa per scopo terapeutico non è reato”

Due piantine sul balcone, manca la tipicità del fatto. Evidente la destinazione esclusiva all’uso personale (Cassazione, sentenza n. 2388/2022)

 

Non è reato coltivare due piantine di cannabis a scopo terapeutico in quanto trattasi di una mera attività domestica che porta ad ottenere un modesto quantitativo di sostanza.

È quanto emerge dalla sentenza 20 gennaio 2022, n. 2388 (testo in calce) della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Il caso vedeva un uomo essere assolto dal reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente di tipo marijuana, di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per il reato di coltivazione perché il fatto non è punibile per particolare tenuità ex art. 131-bis c.p.

Con ricorso per Cassazione l’imputato deduceva violazione di legge e vizi della motivazione in ordine alla configurabilità del reato di coltivazione, che la sentenza impugnata riteneva integrato, sia pure nella forma attenuata di cui all’art. 73, comma 5, senza tenere conto dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità e del fatto che si trattava non di una coltivazione tecnico-agraria, ma domestica, rivolta ad un uso personale e quindi priva del requisito della tipicità. L’imputato censurava anche l’erronea esclusione della scriminante dello stato di necessità che avrebbe dovuto essere riconosciuta per l’uso terapeutico che l’imputato faceva della cannabis, ovvero per curare una patologia agli occhi.

E’ fuori discussione che l’imputato ben possa impugnare la pronuncia con la quale i giudici del merito abbiano ritenuto sussistere la particolare tenuità, anche se dal provvedimento non derivi alcun danno sul piano civile o amministrativo, ma solo allo scopo di ottenere la cancellazione dell’iscrizione nel casellario giudiziale.

Ciò premesso, secondo la giurisprudenza di legittimità, non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto (Cass. pen., Sez. Un., 19 dicembre 2019, n. 12348; Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2020, n. 6599).

Nella fattispecie, trattandosi di attività non abituale di coltivazione, intrapresa dall’imputato in forme del tutto rudimentali e per fini personali su due vasi collocati in un balcone della propria abitazione, con un numero davvero esiguo di piante ed un modesto quantitativo di principio attivo da esse complessivamente ricavabile, si ritiene che il caso in esame, anche in ragione della ragionevole destinazione del raccolto ad un uso personale terapeutico e della totale assenza di elementi sintomatici sia dell’inserimento dell’imputato in un mercato illegale, che della predisposizione di particolari cautele per aumentarne la produzione, la condotta deve essere correttamente inquadrata nell’ambito di una attività svolta in forma meramente domestica e, come tale, penalmente irrilevante.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 2388/2022 >> SCARICA IL PDF

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